EUROPEE: TURARSI IL NASO E VOTARE…?
di Ugo Boghetta*
di Ugo Boghetta*
Scrivo più per dovere che per piacere: la data della pubblicazione ne è una conferma. Di parlare di elezioni ne ho le palle piene. Sono anni che facciamo quasi solo questo.
Del resto in Italia siamo tutti allenatori di calcio, commissari della nazionale e, ovviamente, politologi.
Non mi sottraggo al rito pur sapendo che è difficile evitarne le distorsioni.
In primo luogo va detto che nelle elezioni i programmi contano quasi nulla: conta il senso che si trasmette. Conta il modo con cui questo viene recepito. Conta come le persone ed i vari ceti e classi interpretano la posta elettorale, e su chi vogliono scommettere. Solo chi pensa che le elezioni sono la summa della politica ne fa il passaggio cruciale o si stupisce che il giorno dopo tante persone dicano cose diverse da come hanno votato. Ciò è tanto più vero in una situazione confusa, apparentemente quasi priva di ideologie.
In secondo luogo è necessario definire qual’è l’importanza del voto alle europee.
Dopo cinque sei anni di crisi del modello finanzcapitalista e di quello europeo, queste elezioni indicheranno le percezioni dei cittadini dei vari ceti, nei vari Stati. Solo un grandissimo risultato del variegato mondo degli euro scettici avrà un vero valore politico.
Il voto ovviamente impatta nelle singole nazioni che, con buona pace dei nostri euristi ad oltranza, esistono e sono realtà. In questo senso sarà interessante notare come funziona la grande coalizione in Germania, il combinato disposto Fronte de Gauche, Hollande, Le Pen in Francia, Syriza in Grecia e il duello Renzi Grillo in Italia. Come si vede situazioni molto diverse. Ma di quale Europa si parla?!
Fatte queste premesse ne rimane un’altra. Da quale punto di vista dare il giudizio.
La visuale che scelgo è quello sinistra-noeuro, sovranità nazionale e popolare, transizione democratica, socialismo; ciò nella consapevolezza che questa parte è minoritaria e frammentata.
Fatte queste premesse la situazione è imbarazzante. Qualche settimana fa avrei detto che Grillo era quello che meglio esprimeva il tema dell’uscita dall’euro. Ora non più, si sta democrastianizzando. Viene fuori sempre più evidente la logica acchiappa voti: il trasformismo italiota. Rimane il fatto che il M5S è quello che meglio può mettere in difficoltà Renzi. Da questo punto di vista il voto a Grillo ha sicuramente un senso.
A sinistra, tuttavia, si minimizzano alcune questioni che a me invece paiono fondamentali. Il ruolo antirenzi viene gestito da Grillo alla Grillo, con un’ideologia e la relativa fraseologia né di destra né di sinistra che sta sempre più permeando la società e le giovani generazione: un’ideologia antagonista al classismo, una delle tante versioni liberal-liberiste basate sull’individuo/individuo massa. La sottovalutazione di questo aspetto è la conseguenza della debolezza materiale, ideologica progettale delle sinistra; e sta nell’incosapevolezza che un’alternativa non può che ripassare da una ricostruzione teorica, culturale ideologica, progettuale. E che, dunque, chiunque metta in discussione queste base è il tuo nemico principale. Se e quando il M5S avrà le sue crisi e le sue contraddizioni questa è un’altra cosa.
Al contrario la Lista Tsipras mantiene un gergo di sinistra seppur attenuato da Spinelli e soci. Questo gergo tuttavia è diventato un simulacro. Sta dentro un quadro ormai fuori dalla realtà sociale e politica. È residuale. Il new deal di Tsipras ne è una testimonianza. Il keynesismo, l’approccio socialdemocratico, ma anche la falce e martello senza prospettiva socialista, finiscono per essere muti.
Tuttavia la lista Tsipras, pur nei modi negativi che conosciamo, ho messo messo insieme dopo molto tempo coloro che si pensano di sinistra: si va da Rossa a Sel ai liberali di sinistra, financo dentro il PD. Né va dimenticato che il resto della sinistra Europea è diversa dalla lista italiana. Per altro verso l’aggregato Tsipras, per il suo europeismo acefalo, è il principale ostacolo allo sviluppo del movimento noeuro e della costruzione di un’alternativa. Con l’evoluzione di quest’area bisognerà farci i i conti.
C’è infine l’astensionismo. Fenomeno che nelle ultime tornate elettorali ha anche cambiato segno. Una volta l’astensionismo era qualunquista o di destra. Recentemente si è fatto strada un astensionismo consapevole e di sinistra. In teoria, stante la situazione, è la posizione più coerente ma, credo, anche quella meno efficace.
In conclusione non vedo nelle elezioni un prevalente e, pertanto, ritengo valide quanto opinabili tutte e tre le opzioni; e per ognuna sarà necessario turarsi il naso.
Per quanto mi riguarda mi turerò il naso e voterò la lista Tsipras; questo anche perchè voglio essere a posto con me stesso quando si tireranno le somme e si deciderà del futuro del PRC e della lista stessa.
Qualcuno (Salvadori) afferma che votare il meno peggio è un segno di razionalità. Alla lunga, però è sintomo di una malattia diventata ormai cronica. Questa è la realtà della sinistra e anche di tantissimi cittadini.
A prescindere dal risultato sarà dunque necessario una radicale discontinuità, un profondo ripensamento teorico, ideologico, di cultura politica, programmatico. Chi ne avrà il coraggio e la voglia?
Del resto in Italia siamo tutti allenatori di calcio, commissari della nazionale e, ovviamente, politologi.
Non mi sottraggo al rito pur sapendo che è difficile evitarne le distorsioni.
In primo luogo va detto che nelle elezioni i programmi contano quasi nulla: conta il senso che si trasmette. Conta il modo con cui questo viene recepito. Conta come le persone ed i vari ceti e classi interpretano la posta elettorale, e su chi vogliono scommettere. Solo chi pensa che le elezioni sono la summa della politica ne fa il passaggio cruciale o si stupisce che il giorno dopo tante persone dicano cose diverse da come hanno votato. Ciò è tanto più vero in una situazione confusa, apparentemente quasi priva di ideologie.
In secondo luogo è necessario definire qual’è l’importanza del voto alle europee.
Dopo cinque sei anni di crisi del modello finanzcapitalista e di quello europeo, queste elezioni indicheranno le percezioni dei cittadini dei vari ceti, nei vari Stati. Solo un grandissimo risultato del variegato mondo degli euro scettici avrà un vero valore politico.
Il voto ovviamente impatta nelle singole nazioni che, con buona pace dei nostri euristi ad oltranza, esistono e sono realtà. In questo senso sarà interessante notare come funziona la grande coalizione in Germania, il combinato disposto Fronte de Gauche, Hollande, Le Pen in Francia, Syriza in Grecia e il duello Renzi Grillo in Italia. Come si vede situazioni molto diverse. Ma di quale Europa si parla?!
Fatte queste premesse ne rimane un’altra. Da quale punto di vista dare il giudizio.
La visuale che scelgo è quello sinistra-noeuro, sovranità nazionale e popolare, transizione democratica, socialismo; ciò nella consapevolezza che questa parte è minoritaria e frammentata.
Fatte queste premesse la situazione è imbarazzante. Qualche settimana fa avrei detto che Grillo era quello che meglio esprimeva il tema dell’uscita dall’euro. Ora non più, si sta democrastianizzando. Viene fuori sempre più evidente la logica acchiappa voti: il trasformismo italiota. Rimane il fatto che il M5S è quello che meglio può mettere in difficoltà Renzi. Da questo punto di vista il voto a Grillo ha sicuramente un senso.
A sinistra, tuttavia, si minimizzano alcune questioni che a me invece paiono fondamentali. Il ruolo antirenzi viene gestito da Grillo alla Grillo, con un’ideologia e la relativa fraseologia né di destra né di sinistra che sta sempre più permeando la società e le giovani generazione: un’ideologia antagonista al classismo, una delle tante versioni liberal-liberiste basate sull’individuo/individuo massa. La sottovalutazione di questo aspetto è la conseguenza della debolezza materiale, ideologica progettale delle sinistra; e sta nell’incosapevolezza che un’alternativa non può che ripassare da una ricostruzione teorica, culturale ideologica, progettuale. E che, dunque, chiunque metta in discussione queste base è il tuo nemico principale. Se e quando il M5S avrà le sue crisi e le sue contraddizioni questa è un’altra cosa.
Al contrario la Lista Tsipras mantiene un gergo di sinistra seppur attenuato da Spinelli e soci. Questo gergo tuttavia è diventato un simulacro. Sta dentro un quadro ormai fuori dalla realtà sociale e politica. È residuale. Il new deal di Tsipras ne è una testimonianza. Il keynesismo, l’approccio socialdemocratico, ma anche la falce e martello senza prospettiva socialista, finiscono per essere muti.
Tuttavia la lista Tsipras, pur nei modi negativi che conosciamo, ho messo messo insieme dopo molto tempo coloro che si pensano di sinistra: si va da Rossa a Sel ai liberali di sinistra, financo dentro il PD. Né va dimenticato che il resto della sinistra Europea è diversa dalla lista italiana. Per altro verso l’aggregato Tsipras, per il suo europeismo acefalo, è il principale ostacolo allo sviluppo del movimento noeuro e della costruzione di un’alternativa. Con l’evoluzione di quest’area bisognerà farci i i conti.
C’è infine l’astensionismo. Fenomeno che nelle ultime tornate elettorali ha anche cambiato segno. Una volta l’astensionismo era qualunquista o di destra. Recentemente si è fatto strada un astensionismo consapevole e di sinistra. In teoria, stante la situazione, è la posizione più coerente ma, credo, anche quella meno efficace.
In conclusione non vedo nelle elezioni un prevalente e, pertanto, ritengo valide quanto opinabili tutte e tre le opzioni; e per ognuna sarà necessario turarsi il naso.
Per quanto mi riguarda mi turerò il naso e voterò la lista Tsipras; questo anche perchè voglio essere a posto con me stesso quando si tireranno le somme e si deciderà del futuro del PRC e della lista stessa.
Qualcuno (Salvadori) afferma che votare il meno peggio è un segno di razionalità. Alla lunga, però è sintomo di una malattia diventata ormai cronica. Questa è la realtà della sinistra e anche di tantissimi cittadini.
A prescindere dal risultato sarà dunque necessario una radicale discontinuità, un profondo ripensamento teorico, ideologico, di cultura politica, programmatico. Chi ne avrà il coraggio e la voglia?
* Ugo Boghetta è membro del Comitato polico nazionale di Rifondazione comunista
Ho letto tutto con attenzione... Pur avendo compiuto una scelta di voto diversa dalla tua mi sento di condividere il senso. Innanzitutto quel "più x dovere che per piacere" che ha trascinato anche me al seggio, quel senso di vuoto e impotenza che mi ha guidato negli ultimi 3 mesi in giro x il web alla ricerca di un nome candidato di sinistra e dichiaratamente NO EURO o del riposizionamento della l'usta Tsipras, in una dichiarazione diversa dei M5S o dell'uscita finale magari di Fassina, invece nulla..., Trovarsi a sentire lega nord e fratelli d'Italia decisamente x l'uscita, il PD difendere la moneta unica, Tsipras chiedere il voto x poter cambiare questa Europa...
RispondiEliminaDopo 20 e più anni di politica attiva, di attivismo nei giorni immediatamente precedenti il voto nel tentativo di portare al seggio quanti più compagni possibile, dopo tante nottate dopo il voto passate davanti alla tv in attesa dei successivi exit pol...., questa volta proprio non me ne frega nulla.
Il perché è presto detto: chiunque vincerà non mi rispecchia. In Italia una sinistra pro-euro si batte contro una destra anti-euro.
Per come la vedo, qualunque risultato sarà pessimo x le classi lavoratrici del nostro paese.
Tanto vale andate a letto presto e leggere domani sul giornale in quale modo il mio punto di vista avrà perso (per mano della destra o della sinistra)
Tra chi vota la lista Tsipras ben sapendo che quei 10 punti sono la summa teologica del wishfull thinking, chi sceglie il "se nessuno ti rappresenta vota nessuno", e chi ha votato m5s per cercare di fare uno sgambetto al blocco di potere dominante ( o strumentalmente per far passare al PD la voglia di forzare la mano in parlamento per fare una nuova legge elettorale addirittura peggiore della legge Acerbo con la quale si faceva finta di votare ai tempi del fascismo, come ho fatto io ), vedo che comunque le motivazioni sono le stesse per tutti.
RispondiEliminaUn sentirsi la coscienza a posto almeno individualmente rispetto a problematiche tutte quante ugualmente spinose e dolorose, questo in un contesto di comprensibile scoramento perchè comunque nessuna delle 3 opzioni è praticabile senza provare un consistente senso di schifo.
Domenica mattina sono andato al seggio a fare quello che ritenevo il mio sporco dovere ( e non mi pento ) con lo stomaco che mi bruciava di rabbia.
Vediamo se questo problema di coscienza individuale riusciamo a farlo diventare un fatto di coscienza almeno collettiva.
Gli errori programmatici e nella campagna del m5s se li deve vedere chi è organico a quel movimento, ma comunque bisognerà definire approfonditamente quali siano i problemi del contenuto umano del m5s ( potenzialmente per vari aspetti anche valido, comunque da considerare interlocutore secondo me ) e di "cornice" sovraimposta al movimento stesso, che considero come minimo fuorviante, e che infine disperde in battaglie che non colgono il senso di una necessaria critica sistemica energie che potenzialmente sarebbero altrimenti utili ( una per tutti. Il costo della politica e della corruzione, fatti gravi per carità, ma non risolutivi rispetto al costo delle scelte politiche operate nella logica del liberismo, che sono ben più gravi. L'analisi sulla struttura economica e produttiva e i rapporti sociali che ne discendono che, diciamocelo, nel m5s è semplicemente....assente...etc. )
Insomma, se quel popolo che hanno dietro va considerato interlocutore bisognerà comunque definire in modo chiaro cosa da quel movimento ci si possa aspettare e perchè.
Ed infine, visto che adesso scavallata la soglia per uno 0,03% certe dirigenze potranno sbandierare una vittoria ( di Pirro ), ma con 4 dindini di finanziamento pubblico dilazionano le rese dei conti politiche ed il tirare già la saracinesca, bisogna definire che sorte possano prossimamente avere i rimasugli dei partiti e dei movimenti di sinistra più o meno nominalmente alla sinistra del PD, e quindi che spazi possano aprirsi e come per chi ritenga invece ineludibile la scelta di campo che condivido del "La visuale che scelgo è quello sinistra-noeuro, sovranità nazionale e popolare, transizione democratica, socialismo".
Insomma, vediamo un po' se si riesce a definire il "cosa", il "perchè" e "l'insieme a chi", sapendo che in principio saremo pochi, ma che nelle situazioni di grande confusione sociale chi ha le idee più chiare almeno sul cosa vuole, può suolo guadagnare posizioni.
Contemplo la possibilità di poter politicamente morire.
Ma vorrei farlo in piedi.
Sono stanco di aspettare in ginocchio che il blocco di potere rappresentanto oggi in Italia dall'orrore renziano dia il colpo di grazia al tessuto sociale e alla democrazia.
Great post thanks.
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