giovedì 22 maggio 2014

dibattito sulle elezioni (6)

Il comizio di Beppe Grillo ieri sera a Firenze
L'ASTENSIONE È PEGGIO DI UN CRIMINE, È UN ERRORE 

di Leonardo Mazzei*

«25 maggio, elezioni europee. Si tratta di un voto ordinario? Difficile sostenerlo dopo un quinquennio in cui l'Europa è stata, e rimane tutt'oggi, il centro della crisi. Difficile sostenerlo in particolare in Italia, dove la crisi è più grave e c'è un governo ultra-liberista che ne farà il banco di prova per lanciarsi nell'attacco più duro ad ogni diritto sociale.

Non voto alle elezioni europee dal 1994, dunque non mi pare di soffrire particolarmente del germe elettoralista, meno che mai nutro qualche considerazione per la ridicola assemblea di Strasburgo. A differenza di certi sinistrati non penso che l'astensionismo sia un crimine, ma questa volta - per dirla con Talleyrand - l'astensionismo è molto peggio di un crimine, è un errore. E, sinceramente, non sembra difficile capire il perché.

Si dirà: c'è forse sulla scheda una lista in cui ritrovarsi ideologicamente? No, non c'è. Ce n'è una in cui riconoscersi appieno politicamente? No, purtroppo non c'è. E allora, perché votare? Semplicemente per una ragione un po' più grande: perché non siamo in tempi ordinari, perché siamo nel mezzo di una battaglia per il futuro dell'Europa, ed ancor di più di quello del nostro Paese. Una battaglia che non si deciderà di certo con le elezioni, ma nella quale anche il voto del 25 maggio ha un'importanza non secondaria.

Piaccia o non piaccia, le prossime elezioni ci diranno due cose: qual è il grado di consenso sul quale possono ancora contare le oligarchie euriste nei vari paesi dell'Unione, qual è quello di cui dispone il governo Renzi in Italia.

Noi siamo per porre fine al mostro chiamato "Unione Europea" ed al suo principale strumento di dominio antipopolare chiamato euro. Possiamo essere indifferenti di fronte alla crisi di consenso che indebolirà il blocco eurista che guida l'UE? Certo, le larghe intese tra PSE (Partito Socialista Europeo) e PPE (Partito Popolare Europeo) - un fronte che, tanto per capirci, va da Vendola alla Merkel! - non sono in discussione. Ma è in discussione la sua forza, soprattutto in alcuni decisivi paesi. Tra i quali spicca l'Italia.

Gli eurocrati hanno già messo nel conto una debacle in Francia e Gran Bretagna, cioè nel secondo e nel terzo paese per abitanti dell'Unione. Una debacle che, anche per responsabilità della sinistra, verrà incassata principalmente da forze di destra. E il quarto paese, che è poi il primo dei vituperati PIIGS? Ecco, in questo quarto paese, l'Italia, gli euristi sperano di sfangarla. E, ci mettiamo nei loro panni, non sarebbe un risultato da poco.

Dopo aver bruciato due loro uomini in soli due anni (Monti e Letta), hanno ora contribuito ad insediare il berluschino fiorentino, un populista in salsa eurista che non potrà andare troppo lontano, ma che potrebbe dichiararsi vincitore la sera del 25 maggio. Glielo possiamo consentire?

Chi ha compreso che la questione dell'euro e dell'Europa è quella centrale, non può non capire come proprio il risultato italiano sarà quello più significativo su scala europea. Se Renzi vincerà (poi vedremo in quali termini andrà valutata la vittoria e la sconfitta) a Bruxelles ed a Berlino potranno dire che, sì, gli "euroscettici" sono cresciuti, ma che dall'Italia viene un chiaro consenso ad andare avanti. Con che cosa andare avanti lo sapete già e non mi ci soffermo. E chi, oltre alla centralità della questione europea, ha compreso la pericolosità sociale e democratica del governo Renzi, ha ulteriori motivi per impedire un successo del governo.

Sia chiaro, comunque vada, dalle urne uscirà un governo di minoranza. Anche secondo i sondaggi più generosi la somma dei voti di Pd, Ncd e Sc non supererà in ogni caso il 43%. Ma che bel segnale sarebbe se il terzetto fosse sotto la simbolica soglia del 40%! Che l'attuale esecutivo sia di fatto in minoranza nel paese è cosa nota, ma vi sembra indifferente che venga sancita dal voto?

C'è però un trucco che il sistema mediatico sta congegnando. Ed è su questo che Renzi sta giocando. Dato che il risultato complessivo dei governativi di certo non potrà essere un granché, quel che verrà messo in luce sarà solo il risultato del Pd. Risultato che, mediaticamente, non verrà neppure assegnato al partito, ma semplicemente al suo leader. Un modo certo sfacciato, ma non per questo inefficace, di trasformare in vittoria una sostanziale perdita di consensi del blocco eurista.

Possiamo impedire che il 25 sera questo trucco possa avere successo? Possiamo impedire che Renzi brindi con i suoi accoliti, e che a Bruxelles e Berlino si faccia altrettanto in nome di un'Italia piegata e riportata all'ordine eurista? Sì, possiamo farlo. E siccome possiamo farlo, dobbiamo batterci perché ciò avvenga. Ed il modo per ottenere questo risultato è uno solo: votare M5S.

Ora, al M5S si possono fare molte critiche. Ed è giusto continuare a farle. Le sue modalità di funzionamento di certo non convincono. La sua concezione istituzionalista è un limite innegabile. La sua posizione sull'Europa è insufficiente. E, tuttavia, solo un successo del M5S potrà fare davvero male tanto allo sbruffone fiorentino, quanto alla casta eurista che ci governa per conto delle oligarchie finanziarie. Vi pare poco?

Di fatto il governo attuale si basa su una maggioranza Renzi-Berlusconi, come il soccorso "azzurro" in occasione del voto sul Senato non elettivo ha dimostrato in abbondanza. I due del segretissimo "patto del Nazareno" si tengono ben stretti per cercare di ricostruire un bipolarismo che non c'è più. Il modo per realizzare questo disegno, con la legge elettorale super-truffa che insieme hanno congegnato, si basa sull'azzoppamento dell'unica opposizione parlamentare esistente, quella del M5S. Se l'azzoppamento non ci sarà, se il Pd non riuscirà a prendere il largo, quel disegno andrà in crisi. Forse in frantumi. Vi sembra poco?

A me sembra molto. La sinistra contro l'euro sta muovendo solo i primi passi, in Italia come in altri paesi europei. E' qui che si gioca la nostra partita, con un progetto di alternativa che tenga insieme la questione di classe con quella nazionale. Difesa degli interessi delle classi popolari e riconquista della sovranità nazionale sono due facce della stessa medaglia, due fari che illuminano la stessa strada. Ma la battaglia contro gli euro-oligarchi pensiamo di farla e di vincerla da soli? No, sappiamo che bisognerà costruire un fronte ampio di forze democratiche e costituzionali, che prenda in mano le sorti del Paese sottraendole alle grinfie euriste. E non è il M5S un alleato naturale in questa lotta in cui tutto si decide? E, comunque, non dobbiamo fare tutto il possibile affinché lo sia? La risposta mi pare evidente.

Ricapitolando: se è vero che non avremo sulla scheda elettorale un simbolo in cui riconoscerci appieno, è altrettanto vero che avremo a disposizione un voto che potrà incidere non poco nella lotta politica che stiamo conducendo. Non utilizzarlo sarebbe davvero un errore imperdonabile.

Alla lunga le illusioni diffuse dal berluschino fiorentino andranno certo a cozzare con la realtà dei fatti, con i vincoli europei, con il Fiscal compact, con una recessione ben lungi dall'essere finita. Ma se la sera del 25 avrà raggiunto la quota simbolica del 33%, ed avrà staccato il M5S di quei 10 punti percentuali attesi, avrà la strada spianata per portare a termine tutte le controriforme messe in campo, dal lavoro alla legge elettorale.

Tanto più il Pd sarà sotto quella soglia, tanto più il M5S avrà successo, tanto più il disegno di Renzi andrà in crisi. Possiamo restare indifferenti?

Lo so, ci sono anche altre obiezioni al voto al M5S. Tralascio quella, davvero demenziale, secondo cui il movimento di Grillo sarebbe solo una specie di diga messa lì come contenimento ad un'incipiente insorgenza. E' questa una tesi complottista, da residuati bellici un po' svitati e mentalmente bolliti. Se proprio vogliamo tagliare con l'accetta, la verità è che il M5S non solo non ha neutralizzato la sollevazione, ha piuttosto impedito che la cosiddetta ondata "anti-politica" andasse a destra come in Francia. Vi sembra poco?

C'è invece una seconda critica che merita di essere presa in considerazione, anche perché riguarda l'Europa ed è sull'Europa che si dovrà esprimere il voto il 25 maggio. Secondo molti anti-euro il programma del M5S per le europee è confuso ed inadeguato. Questa critica ha un fondamento, ma solo fino ad un certo punto. Non c'è bisogno di dire che anche noi avremmo preferito una maggiore chiarezza sull'assoluta necessita di uscire dall'euro-dittatura, ma quella del M5S è senza dubbio la posizione più avanzata in campo.

Entriamo nel merito, facendo alcuni confronti. Sui 7 punti del programma del Movimento Cinque Stelle, 4 sono quelli decisivi: 1) referendum per la permanenza nell'euro, 2) abolizione del fiscal compact, 3) abolizione del pareggio di bilancio, 4) adozione degli eurobond. Sicuramente i punti 2 e 3 sono condivisi da tutti i no-euro, mentre il punto 4 è condiviso anche dalla Lista Tsipras, che parla però di "sospensione" anziché di abolizione del Fiscal compact. Il punto 1 trova invece l'opposizione (per opposti motivi) sia di una parte dei no-euro che degli tsipriti.

Dico subito che il punto 4 è una vera ingenuità. Non solo non va bene per chi, come noi, si batte per l'uscita dalla gabbia europea. Non va bene anche perché con l'European Redemption Fund, che l'UE sta approntando per dare concretezza al Fiscal compact, arriveranno probabilmente anche gli eurobond, ma serviranno solo come specchietto per le allodole per far passare il più gigantesco piano di sacrifici e di asservimento economico di interi popoli mai concepito fino ad ora. Dunque, attenzione agli eurobond!

Ma è il punto 1 quello veramente decisivo. Se gli altreuristi alla Tsipras lo rifiutano proprio perché visceralmente contrari all'uscita dalla moneta unica, anche certi no-euro alla Bagnai (per intenderci, quelli che si sono innamorati di Salvini) lo respingono. A mio modesto avviso si tratta invece di una posizione giusta ed intelligente. Vediamo il perché.

Lasciamo da parte, ed al loro prevedibile destino, gli tsipriti. E' bene che chi non sa imparare dai propri errori vada incontro ad una nuova capocciata. Gli amici di Repubblica cercheranno di impedirla, ma miracoli non ne possono fare. Esaminiamo invece la critica dei no-euro alla Bagnai (li chiamiamo in questo modo giusto per capirsi). Secondo costoro il referendum è un errore per due motivi: primo perché toglierebbe "segretezza" all'ora x dell'uscita dall'euro, secondo perché non sarebbe facile vincere quel referendum.

Penso che sia venuta l'ora di dire che queste due motivazioni sono semplicemente reazionarie. Se si pensa che l'uscita dalla moneta unica possa avvenire all'improvviso, nell'assoluta segretezza, vuol dire che si pensa ad un'uscita pilotata dallo stesso blocco dominante oggi al potere, magari da un governo eurista fino al giorno prima. Che razza di uscita sarebbe quella? Sarebbe un'uscita di stampo liberista, che affiderebbe non solo il cambio valutario, ma il futuro del paese ai voleri dei mercati finanziari.

Non di questo abbiamo bisogno, ma di un governo popolare d'emergenza, frutto di una vera sollevazione, portatore di un chiaro programma di alternativa, che per sua natura non potrebbe né dovrebbe nascondere i propri intenti. E' evidente che solo in questo quadro il referendum potrebbe svolgersi. Prima di allora il blocco eurista lo impedirebbe in ogni modo. Ma questo significa che è sbagliato chiederlo? E perché mai? Non è questo il modo migliore per smascherare l'antidemocraticità, la paura del voto popolare da parte di costoro?

Ma, dicono le argute volpi del "facciamo tutto in una notte", non si rischierebbe in questo modo di perderlo il referendum? Certo che si rischierebbe, tenuto anche conto della potenza mediatica dell'avversario. Si rischierebbe come in tutte le battaglie politiche, ma qual è l'alternativa al pronunciamento popolare? Sinceramente ne vedo solo una: affidarsi alla "saggezza" dello stesso blocco dominante che ci ha portati fin qui, che è poi l'idea bagnaiana di chi alle europee voterà Lega Nord. Un partito (vedi QUI) che da Maastricht in poi, e fino all'altro ieri, ha sempre votato per il "più Europa", smarcandosi solo ora per provare a passare la soglia del 4%. Con un programma che dedica all'euro un quarto dello spazio utilizzato per motivare l'opposizione all'ingresso nell'UE della Turchia...

La forza e l'intelligenza della proposta del M5S sta invece in questo: nello scommettere sulla capacità di un popolo ammutolito per decenni di riprendere in mano il proprio destino. Si tratta di una scommessa illusoria? Non necessariamente, visto che la crisi sta facendo breccia anche nelle menti più refrattarie. E comunque, se l'alternativa è quella del tradizionale gattopardismo, del "tutto cambi per nulla cambiare", non sarà difficile capire dove sta la posizione democratica e rivoluzionaria e quella antidemocratica e reazionaria.

C'è poi un'ultima cosa che dobbiamo ricordare. Se la Lista Tsipras non ha certo reciso i legami con il Pd, se la stessa cosa vale per la Lega nei confronti di Berlusconi, ben diversa è la collocazione del M5S, del quale tutto si potrà dire, ma non che non abbia mantenuto la promessa di non allearsi con le forze e gli schieramenti del ventennio della seconda repubblica. Al Pd che implorava in qualche modo un sostegno, il M5S ha risposto seccamente di no. Magari un no che poteva essere spiegato meglio dal punto di vista comunicativo, ma di sicuro un no. Ed è questo quello che conta.

Dopo vent'anni di mezze opposizioni, sempre pronte all'inciucio, si è vista finalmente in parlamento una forza di opposizione coerente. Non è tutto, ma non è poco. Un motivo in più per votare 5 stelle, l'unico voto che potrà azzoppare il governo, con un bello schiaffo sul faccione falso e melenso del boy scout della P2.

 Leonardo Mazzei è membro della segreteria nazionale del MOVIMENTO POPOLARE DI LIBERAZIONE.

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