Berlusconi l’ondivago, Renzi il frenetico ed il Presidente pericolante
Di Aldo Giannuli
La settimana politica inizia nel caos: Berlusconi affossa le riforme istituzionali; cioè no, le conferma, si però dopo le europee e “nello spirito del Nazareno”. Per cui già da martedì, al Senato, non sanno che calendario avranno. Ma, secondo voi, si può fare una riforma della Costituzione, e su un punto delicato come l’assetto del Parlamento, cosi?
Insomma, abbiamo un Parlamento di nominati con un tasso di disrappresentatività spaventoso (oltre il 40%, caso unico mondiale), che è stato eletto con un sistema dichiarato in buona parte incostituzionale che, anzicchè sciogliersi, pretende di riformare la Costituzione ed a tempo di rock, sotto la regia di un semi-ottuagenario in stato confusionale e di un frenetico giovanotto in preda al ballo di San Vito: è meglio di una commedia surrealista! Pura comicità demenziale.
E pertanto riesce difficile parlarne seriamente. E tuttavia dobbiamo farlo perché questo è quello che offre il convento di questo nostro sventurato paese.
Partiamo da Berlusconi: che vuol fare e perché è così ondivago? In primo luogo occorre tener presente la decadenza fisica e psicologica del personaggio. Già alla fine del 2012 oscillò a lungo sul tema della sua candidatura dicendo e smentendosi subito dopo per poi tornare a dire e tornare a smentirsi. Ora ci si è aggiunta la condanna con l’interdizione che, per un uomo di quasi 80 anni con altre condanne in arrivo, non è affatto poco. Per 2 anni non può candidarsi, ma, quando il periodo di interdizione finirà, sarà di fronte alla condanna per il caso Ruby con un altro periodo di interdizione che, pur ridotto, comporterebbe altri due o tre anni, il che significa che alla fine avrà 84-85 anni e dovrà comunque vedersela con la legge Severino.
Insomma, prospettive politiche zero. Una realtà che aveva lungamente rimosso e che all’improvviso si materializza con l’imminente decisione sull’affidamento ai servizi sociali o gli arresti domiciliari. Che tutto questo lo precipiti in stato confusionale non è cosa che possa meravigliare. E allora, è tempo di pensare alla successione, già, ma con chi?
L’uomo si guarda intorno e vede un nido di vipere che si azzannano vicendevolmente e nessuno che possa lontanamente paragonarglisi. Non abbiamo un grande concetto dell’ex Cavaliere, ma dobbiamo riconoscere che un certo potere seduttivo sull’elettorato lo ha avuto e che, unico, è riuscito a durare un ventennio: i suoi, messi tutti uno in collo all’altro, non gli arrivano al ginocchio, che, per colmo di sfiga, è anche infiammato! Non ha nessuno e neppure sul piano aziendale e familiare le cose si presentano meglio: chi dopo di lui e Confalonieri?
La diminuita lucidità lo ha portato a quel patto del Nazareno che si sta rivelando una trappola senza uscita. Avevamo già scritto in queste pagine che il Cavaliere che piace al suo elettorato è quello che (almeno apparentemente) si scazzotta con gli eterni nemici della “sinistra”, mentre il “padre della patria” soavemente assiso in amorevoli conciliaboli con il nemico, non piace per niente, anche se il “nemico” è uno come Renzi che è la sua brutta copia da giovane.
Ma il motivo principale per cui il patto del Nazareno si sta rivelando una trappola è un altro: con i sondaggi che danno ormai costantemente Fi come terzo partito, il rischio è quello di restare esclusi dal ballottaggio. Ovviamente, per evitare questa sorte, deve fare coalizione (con la Lega, FdI e persino quei traditori del Ncd), ma questo significa che il loro potere contrattuale sale spaventosamente. Stando le regole del ri-porcellum, quasi nessuno di questi avrebbe speranze di entrare in Parlamento superando uno sbarramento al 5% (forse il solo due Alfano-Casini) per cui, o cambia le norme ed abbassa la soglia al 2% come prima (se Renzi ci sta), oppure deve rassegnarsi all’idea di una lista unica nella quale deve cedere almeno il 50% dei seggi agli “alleati”. Insomma cedere (Renzi permettendo) o farsi spolpare dai compagni di viaggio. E, peraltro, neppure così sarebbe sicuro di farcela, perché l’entità del tracollo non è ancora nota. E qui si capisce il perché di questo stop alle riforme: vediamo come vanno le europee, facciamo la stima dei danni e capiamo se vale la pena di insistere con l’Italicum o è meglio lasciar perdere tutto e votare con il proporzionale del sistema lasciato dalla Consulta.
Renzi è sulla cresta dell’onda e ce la mette tutta per superare di slancio l’ostacolo delle europee. I sondaggi gli danno motivo di ben sperare, riportando il suo partito alla soglia mitica del 33% e il barometro segna “bello stabile”. Però anche lui non ha ragione di essere troppo spensierato. Vediamo perché.
In primo luogo, la sua strategia (si fa per dire) si basa, almeno per ora, sul patto con Berluska, che può franare da un momento all’altro, nonostante i buoni uffici di Verdini di cui è figlioccio. Se il patto dovesse andare a picco, lui si troverebbe legato mani e piedi ad Alfano che, dal canto suo, potrebbe anche pensare che, perso per perso, potrebbe valere la pena di far cadere il governo e andare a votare con il proporzionale che, comunque, gli consente di tornare con una ciurma di deputati e senatori ancora determinante. E se si votasse con il proporzionale il Pd potrebbe anche avere il 33% (ma è difficile), la strategia di Renzi sarebbe comunque fallita, perché dovrebbe essere di nuovo costretto ad un governo di coalizione. Inoltre, con un sistema elettorale proporzionale non è difficile prevedere un rimescolamento delle carte che produca nuovi soggetti politici: brutto affare per Renzi.
Poi ci sono due cose che il Matteo nazionale probabilmente non ha calcolato bene: in primo luogo il suo successo elettorale dobbiamo “pesarlo” bene, perché se quella percentuale fosse calcolata su un corpo elettorale di due o tre milioni di elettori in meno, significherebbe che la destra ha avuto una emorragia verso l’astensione, ma lui ha i voti di prima, rivalutati percentualmente, ma in termini assoluti invariati. Il che ridimensionerebbe molto il suo successo, perché gli elettori di destra fuggiti verso l’astensione non si sarebbero sciolti nel nulla, ma sarebbero sempre pronti a tornare, magari verso una destra ristrutturata, verso un nuovo centro che erediti i voti del Cavaliere o persino verso il M5s in pura funzione anti-Pd.
In secondo luogo, la strategia renziana del “tutto subito” potrebbe subire un effetto boomerang: la riforma del Senato forse passerà, ma l’attuale Senato resterà in carica sino alla fine della legislatura, per cui, a meno di uno scioglimento anticipato, il suo effetto sull’elettorato diverrebbe nullo a distanza di due o tre anni, o addirittura negativo perché questo darebbe la sensazione psicologica di una “riforma mancata”.
Infine il Presidente azzoppato. Abbiamo scritto e confermiamo che Napolitano su quella sedia non può durare molto. Però, ci sono le nomine di due giudici costituzionali ed il semestre italiano alla Ue che forse lo terranno inchiodato sino alla fine dell’anno. Dopo bisogna vedere come si sarà comportato il “ragazzaccio” alla testa della Ue: fino ad ora Renzi ha dato molti motivi di apprensione alla Ue (tanto nella versione Merkel quando in quella Draghi), per cui potrebbero esserci pressioni perché Napolitano resti al suo posto sino a tempi migliori.
Napolitano, per parte sua, non ha simpatia per Renzi quantomeno per motivi personali, ma, soprattutto non gli garba il tipo di riforme che sta varando: Renzi vuole un premier forte, Napolitano vuole un Capo dello Stato forte in grado ti tenere alla briglia un governo troppo “populista”, sembra che vogliano la stessa cosa ma vanno in direzioni diverse.
Ed anche questo costringe il vecchio Capo dello Stato ad un duello coperto con questo sgraditissimo Presidente del Consiglio. Insomma, una situazione complessivamente caotica nella quale può succedere di tutto, aspettiamo di vedere che ne pensa l’elettorato.
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